Il 65 per cento dei gay e delle lesbiche riesce a confessare il proprio orientamento sessuale ai genitori. Del restante 35 per cento di genitori lo scopre da una lettera o dal diario «lasciati incustoditi» o da altre persone.
Nel 68 per cento dei casi fratelli e sorelle sono i primi a sapere ed è con loro che i genitori iniziano ad aprirsi. Spesso ci sono dei segni premonitori come forme di isolamento dal gruppo dei coetanei o, molto più rara, la scoperta di amori in corso.
Questi dati emergono da una ricerca europea «Family Matters», la più ampia svolta in Europa, condotta dall'Università del Piemonte Orientale, in collaborazione con diverse associazioni tra cui l'"Agedo", attraverso interviste e domande rivolte a 200 familiari di giovani lesbiche e gay (tra i 14 e i 22 anni).
Quando in una famiglia diventa palese che un figlio o una figlia sono omosessuali le relazioni cambiano e per i genitori, in particolare, si apre una nuova grande prova: cercare di capire, riuscire ad amare comunque!
È comunque un momento di verità, a volte traumatico, ma autentico e necessario per i figli per acquisire forza e fronteggiare il mondo esterno sempre carico di difficoltà e spesso di violenza omofobica.
comunque sia i genitori sono chiamati a «ridefinirsi», a riflettere su ciò che hanno dato per scontato.
I figli devono cercare la forza per pensarsi fuori dalla cornice delle aspettative che fino a quel momento padri e madri hanno nutrito per loro.
Le reazioni sono, solitamente, forti anche se solo in rari casi travolgono il riconoscimento del legame: «È comunque mio figlio, resta mia figlia». La prima reazione nella metà dei casi e "il timore di aver fallito"; il 54 per cento tenta di smentire l' ammissione del figlio affermando:
«Sei troppo giovane per dirlo ». Qualcuno sbotta ( il 17 per cento): «Ti hanno traviato» ( soprattutto riferito alle ragazze ). E c'è chi ( meno di un quinto) si sente sollevato: «Ah! Era questo! dunque né droga né alcol».
Altri però ( un quinto circa ) rifiutano l'idea provando rabbia e vergogna. Un altro 17 per cento cerca di rimediare in qualche modo: «... che almeno che non si sappia in giro».
L'idea che si tratti di una malattia o comunque di un comportamento da poter curare affiora nel 40 per cento dei genitori ( per lo più cattolici praticanti ).
Il confronto soltamente è aspro almeno con uno dei genitori e le parole e le reazioni possono ferire. Eppure la rivelazione dei figli fa bene: i genitori si sentono destinatari e custodi di ciò che i giovani hanno capito di loro stessi. Il colloquio avviato ha un sapore ambiguo fra la costernazione e l'amarezza perché la realtà appare subito in salita, imprevista e si annuncia dura, ma si avverte che se non ne avessero parlato quella difficoltà per i propri figli, da soli, sarebbe stata ancora più dura e in questo il contesto italiano meno "laico" e più "tradizionalista" rende ancora più difficoltosa l'accettazione e il futuro inserimento.
Nonostante le difficoltà, gli animi ben presto si stemperano, ci si sfugge di meno e gli occhi bassi si riducono insieme al «fastidio» per il genitore più intollerante. Alla fine ci si capisce tutti un po' di più. Resta il timore della precarietà affettiva soprattutto per i maschi, dovuto all'ignoranza che ancora alberga abbondantemente nella società. Ma si sa che l'unione fa la forza e la famiglia si stringe attorno alla difficoltà. Poco alla volta si delinea un obiettivo comune: «Dobbiamo ritrovarci, siamo pur sempre una famiglia, anzi una famiglia vera», dice una madre. Anche il lessico dei ricercatori - Chiara Bertone, la responsabile, e Marina Franchi - tradisce qualche ottimismo: «In queste famiglie, che si sono trovate a fronteggiare un evento di rottura di relazioni quotidiane, altrimenti largamente date per scontate e naturalizzate, sembra emergere in modo particolarmente evidente una concezione di relazioni familiari centrata sull’ideale dell’intimità che molti studiosi individuano come elemento cruciale delle recenti trasformazioni delle esperienze familiari».
I genitori, guardando al futuro, sperano che i figli avranno una relazione di coppia ( il 96per cento), meno della metà crede che potranno sposarsi, il 19 per cento scommette che i nipoti nasceranno, e il 38 per cento dà per certo che i giovani andranno all'estero, preparandosi a una separazione dolorosa, motivata, però, dalla convinzione che l'arretratezza del nostro paese potrebbe tradursi in una precarietà di vita a causa di una minore accettazione sociale. «Molti di noi sono preoccupati perché in Italia c'è ancora una forte omofobia che impedisce ai propri figli di essere sereni sul lavoro e in campo affettivo», dichiara Rita De Santis, presidente Agedo che riunisce igenitori degli omosessuali
( continueremo a trattare questo argomento... per chi ne fosse interessato indichiamo da subito il sito dell'A.GE.D.O. - associazione di genitori di omosessuali - http://www.agedo.org/. e chi vuole può sempre contattarci qui in redazione perchè abbiamo un buon collegamento con questa associazione.
... chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.
Giovanni Falcone
sabato 11 aprile 2009
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