RITENIAMO CHE OGNI CENSURA SIA UN ATTEGGIAMENTO GRAVE E INACCETTABILE.
Per non far passare inosservato ogni atto che priva il nostro paese della libertà di espressione, da qualsiasi parte venga, vogliamo contribuire anche noi alla protesta che oggi si leva contro una decisione che azzittisce una voce, quella di Vauro, che può apparire anche fuori dal coro ma non per questo può essere cancellata dalla programmazione di una televisione libera e pluralista..
Per riaffermare questo nostro diritto alla libertà di espressione decidiamo di pubblicare un corsivo di Marco Travaglio per conoscere di più, riflettere e approfondire e, magari, criticare.
Nella Spagna di Francisco Franco e nella Serbia di Slobo Milosevic, l’opposizione si riuniva nei teatri agli spettacoli di satira. Che veniva tollerata da quei regimi, come estrema valvola di sfogo. Nel regimetto ottuso del ducetto italiota, celebre nel mondo (ma non in Italia) per aver fatto fuori in 15 anni i migliori giornalisti, da Montanelli a Biagi, da Santoro a Beha a Massimo Fini, non si tollera nemmeno la satira. Quella contro Vauro è soltanto l’ultima di una lunghissima serie di censure ed epurazioni di autori e attori satirici in tv (sui giornali, l’unico precedente è la ridicola querela di D’Alema a Forattini, poi fortunatamente ritirata). Serie che nella Seconda Repubblica (nella Prima gidano ancora vendetta i caso di Dario Fo en Franca Rame, nonché di Beppe Grillo) è stata inaugurata nel 2002 dall’editto bulgaro che colpiva anche Daniela Luttazzi, additato al mondo (ma soprattutto a Saccà) come “criminoso” e mai più visto dalle parti della Rai (tornò due anni fa a La7, giusto il tempo per essere riepurato alla vigilia di una puntata sul Papa e la Chiesa, con la scusa di una battuta su Giuliano Ferrara). Nel 2003, in rapida successione, toccò a Sabina Guzzanti, che si vide chiudere il programma «Raiot» dopo una sola puntata (record di ascolti per Rai3) grazie al trio Annunziata-Cattaneo-Ruffini; e a Paolo Rossi, invitato e poi disinvitato da “Domenica In” per aver osato proporre la lettura di un discorso di Pericle, noto sovversivo, sulla democrazia ateniese. Nel 2004, sempre regnante Al Tappone, l’apposito Del Noce provvide ad annullare una comparsata di Paolo Hendel nel varietà del sabato sera perché il comico toscano minacciava addirittura una battuta su Vespa e una su Bondi. Fu allora che il popolare Noisette, scavalcando Milosevic, annunciò all’inclita e al colto che «la satira politica è estranea al piano editoriale di Rai1» perché “da noi non si parla male di nessuno». Memorabile, nel 2005, la telefonata di Gasparri a “Che tempo che fa” per protestare con Simona Ventura che s’era azzardata a mandare in onda un servizietto satirico sul suo conto. L’altra sera il sincero democratico Maroni ha concesso il bis con Maurizio Crozza, già bersagliato ai tempi di La7 per aver imitato nientemeno che il Papa. Altri anatemi, negli anni, hanno fulminato Dario Fo e Franca Rame (il loro “Anomalo bicefalo”, denunciato da Dell’Utri che poi ha perso la causa, andò in onda la prima sera su Sky senza l’audio), Corrado Guzzanti (per il suo irresistibile Bossi-Hannibal Lecter) e altri celebri tupamaros come Antonio Cornacchione (“povero Silvio”), Rosalia Porcaro (l’operaia Veronica), Paola Minaccioni (che si era permessa di parodiare mamma Rosa vergine e martire), Francesco Paolantoni e i conduttori di talk satirici come Fabio Fazio e Serena Dandini.Punito con continue sanzioni disciplinari anche il responsabile della satira di Rai3, Andrea Salerno, colpevole di collaborare con simili figuri e di chiamare censure la censure. Ognuna delle quali veniva accompagnata da una giustificazione, ancor più ottusa della censura che intendeva coprire: satira senza contraddittorio, satira blasfema, satira che fa informazione, satira inopportuna, satira eversiva, satira senza par condicio, satira poco riformista, satira volgare, satira nemica del dialogo, satira a senso unico, satira che cerca il martirio. Roba da far rivoltare, anzi scompisciare nella tomba Aristofane e Rabelais. Vauro, satiricamente in vacanza a San Pietroburgo (che lui chiama ancora Leningrado), si starà sbellicando a sua volta. «L’invidia del cretino per l’uomo brillante – diceva Max Beerbohm - trova sempre qualche consolazione nell’idea che l’uomo brillante farà una brutta fine». E da noi la madre dei cretini è sempre gravida. Un po’come il cavallo di Viale Mazzini.
Per non far passare inosservato ogni atto che priva il nostro paese della libertà di espressione, da qualsiasi parte venga, vogliamo contribuire anche noi alla protesta che oggi si leva contro una decisione che azzittisce una voce, quella di Vauro, che può apparire anche fuori dal coro ma non per questo può essere cancellata dalla programmazione di una televisione libera e pluralista..
Per riaffermare questo nostro diritto alla libertà di espressione decidiamo di pubblicare un corsivo di Marco Travaglio per conoscere di più, riflettere e approfondire e, magari, criticare.
Nella Spagna di Francisco Franco e nella Serbia di Slobo Milosevic, l’opposizione si riuniva nei teatri agli spettacoli di satira. Che veniva tollerata da quei regimi, come estrema valvola di sfogo. Nel regimetto ottuso del ducetto italiota, celebre nel mondo (ma non in Italia) per aver fatto fuori in 15 anni i migliori giornalisti, da Montanelli a Biagi, da Santoro a Beha a Massimo Fini, non si tollera nemmeno la satira. Quella contro Vauro è soltanto l’ultima di una lunghissima serie di censure ed epurazioni di autori e attori satirici in tv (sui giornali, l’unico precedente è la ridicola querela di D’Alema a Forattini, poi fortunatamente ritirata). Serie che nella Seconda Repubblica (nella Prima gidano ancora vendetta i caso di Dario Fo en Franca Rame, nonché di Beppe Grillo) è stata inaugurata nel 2002 dall’editto bulgaro che colpiva anche Daniela Luttazzi, additato al mondo (ma soprattutto a Saccà) come “criminoso” e mai più visto dalle parti della Rai (tornò due anni fa a La7, giusto il tempo per essere riepurato alla vigilia di una puntata sul Papa e la Chiesa, con la scusa di una battuta su Giuliano Ferrara). Nel 2003, in rapida successione, toccò a Sabina Guzzanti, che si vide chiudere il programma «Raiot» dopo una sola puntata (record di ascolti per Rai3) grazie al trio Annunziata-Cattaneo-Ruffini; e a Paolo Rossi, invitato e poi disinvitato da “Domenica In” per aver osato proporre la lettura di un discorso di Pericle, noto sovversivo, sulla democrazia ateniese. Nel 2004, sempre regnante Al Tappone, l’apposito Del Noce provvide ad annullare una comparsata di Paolo Hendel nel varietà del sabato sera perché il comico toscano minacciava addirittura una battuta su Vespa e una su Bondi. Fu allora che il popolare Noisette, scavalcando Milosevic, annunciò all’inclita e al colto che «la satira politica è estranea al piano editoriale di Rai1» perché “da noi non si parla male di nessuno». Memorabile, nel 2005, la telefonata di Gasparri a “Che tempo che fa” per protestare con Simona Ventura che s’era azzardata a mandare in onda un servizietto satirico sul suo conto. L’altra sera il sincero democratico Maroni ha concesso il bis con Maurizio Crozza, già bersagliato ai tempi di La7 per aver imitato nientemeno che il Papa. Altri anatemi, negli anni, hanno fulminato Dario Fo e Franca Rame (il loro “Anomalo bicefalo”, denunciato da Dell’Utri che poi ha perso la causa, andò in onda la prima sera su Sky senza l’audio), Corrado Guzzanti (per il suo irresistibile Bossi-Hannibal Lecter) e altri celebri tupamaros come Antonio Cornacchione (“povero Silvio”), Rosalia Porcaro (l’operaia Veronica), Paola Minaccioni (che si era permessa di parodiare mamma Rosa vergine e martire), Francesco Paolantoni e i conduttori di talk satirici come Fabio Fazio e Serena Dandini.Punito con continue sanzioni disciplinari anche il responsabile della satira di Rai3, Andrea Salerno, colpevole di collaborare con simili figuri e di chiamare censure la censure. Ognuna delle quali veniva accompagnata da una giustificazione, ancor più ottusa della censura che intendeva coprire: satira senza contraddittorio, satira blasfema, satira che fa informazione, satira inopportuna, satira eversiva, satira senza par condicio, satira poco riformista, satira volgare, satira nemica del dialogo, satira a senso unico, satira che cerca il martirio. Roba da far rivoltare, anzi scompisciare nella tomba Aristofane e Rabelais. Vauro, satiricamente in vacanza a San Pietroburgo (che lui chiama ancora Leningrado), si starà sbellicando a sua volta. «L’invidia del cretino per l’uomo brillante – diceva Max Beerbohm - trova sempre qualche consolazione nell’idea che l’uomo brillante farà una brutta fine». E da noi la madre dei cretini è sempre gravida. Un po’come il cavallo di Viale Mazzini.
Marco Travaglio
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